
Vivere un'esperienza come quella che la nostra classe, il 4° Ar del Liceo Classico “Leopardi” di Macerata, ha avuto l'occasione di sperimentare dal 18 al 23 ottobre non è certo una cosa scontata. Abbiamo infatti avuto la possibilità di partecipare alla “Convivenza” organizzata dal docente di Religione, il Professor Matteo Bonvecchi, ovvero di vivere per qualche giorno nella Casa Salesiana maceratese di cui attualmente la nostra scuola è ospite.
Siamo stati inizialmente accolti da Don Flaviano, Don Salvo e gli animatori Chiara, Matteo e Roberta, i quali ci hanno illustrato le varie mansioni che ciascuno di noi avrebbe dovuto svolgere e, insieme con loro, abbiamo concordato alcune regole da rispettare durante la settimana. A cena abbiamo fatto la conoscenza degli altri tre abitanti della casa: Don Benito, Don Giovanni e Don Umberto.
Per l'intero periodo della nostra permanenza, le giornate hanno avuto un'organizzazione ben precisa: sveglia alle 6:45, ritrovo in cappellina alle 7:15 per la preghiera mattutina e la lettura di un brano del Vangelo, colazione, scuola, pranzo alle 13:00, ricreazione e svolgimento delle proprie mansioni fino alle 15:00, compiti fino alle 19:00 circa, testimonianza, cena alle 20:00, incontro alle 21:15 e conclusione in cappellina con la preghiera serale. Quest'ultimo momento, assieme a quello del mattino, ci ha aiutato a capire tante cose del nostro rapporto con il Signore. Con il supporto di Don Flaviano e Don Salvo, abbiamo compreso che Egli non è solo Dio, ma è anche uomo e, in quanto tale, è giusto parlarGli proprio come si fa con gli uomini: ridendo quando si è felici, piangendo quando si è tristi, gridando quando si è arrabbiati, senza alcuna ipocrisia, mostrandoci in tutti i nostri pregi e difetti. È fondamentale capire che lodare sempre Dio, solo perché è Dio, non aiuta la nostra fede: nella vita non va sempre tutto bene e quando si sta male è giusto chiedere spiegazioni, proprio come si farebbe con un padre. Certo, molti dubbi sono e rimangono irrisolti, ma è proprio su di essi che si fonda la nostra fede.
Questa settimana ci ha anche aiutato a consolidare il rapporto fra noi, come mai eravamo riusciti a fare prima. Molto ha giocato l'incontro in cappella di martedì sera, 20 ottobre, che rimarrà nei nostri cuori per tutta la vita. Ognuno di noi, infatti, ha portato un oggetto significativo o un ricordo di una persona importante, mettendosi a nudo di fronte agli altri e a Dio nel raccontare storie spesso molto dolorose. Grazie a questa serata, abbiamo capito una cosa fondamentale: non si può giudicare qualcuno senza prima conoscerlo veramente. Comportamenti prima incomprensibili ci sono ora chiari e questo ha contribuito a creare una grande unità e un grande rispetto fra tutti noi: tutti hanno i propri difetti e le proprie paure e pochi sono bravi ad esternarli; e allora tu, invece di giudicare, fermati, pensa e domandati: “Potrei aiutarlo? Potrei capirlo?”
Conoscere se stessi e chi ci sta intorno è la grande, difficile lotta di ognuno. In questa settimana, tra le tantissime altre cose, abbiamo scoperto e sperimentato che lottare non è poi così difficile se lo si fa insieme; nessuno di noi avrebbe mai potuto immaginare di trovarsi davanti a delle persone tanto vere, forse impedito dai pregiudizi, dal tipico “darsi per scontato” dei giovani che implica il vedere gli altri come persone inette fino a quando una loro parola o un loro gesto non cambiano la situazione.
Concentriamoci ora sul conoscere se stessi. Guardarsi dentro è una cosa dolorosa: bisogna rinunciare a qualsiasi tipo di ipocrisia, abbattere le spesse mura che, stupidamente, costruiamo per difenderci da chi siamo davvero. La paura di non essere capiti e di non avere nessuno in cui confidare, la voglia estrema di salvarci da soli sono i principali impedimenti, quelli che si presentano anche alla persona più aperta e con meno problemi visibili dall’esterno, quando cerca di scavare a fondo dentro di sé. Abbiamo provato a farci forza a vicenda, ma silenziosamente, per avere il coraggio di richiamare la nostra coscienza e dirle: “Io ti voglio bene, io mi voglio bene”. Essere pronti ad accettare i propri difetti è ancora più difficile che accettare i difetti degli altri: con i propri ci si convive tutti i giorni ed odiarsi per delle piccolezze è più semplice che affrontare la realtà, cercando di cambiare le cose di noi che non vanno bene.
Conoscere chi ci sta intorno è stata la chiave delle relazioni tra di noi. Relazione non vuol dire solo vivere insieme o condividere molte cose: vuol dire anche saper accettare, saper aspettare, essere disposti a volersi bene nonostante tutto, saper perdonare, sapersi affrontare, sapersi mettere in discussione.
Parliamo ora delle testimonianze e delle splendide persone che ci hanno accompagnato in questo cammino.
Laura, Tony, Matteo, Chiara e Fabio: questi i nomi delle persone che si sono aperte a noi, condividendo con gioia le loro esperienze. Ci siamo resi conto di quanto sia stato importante ascoltare le storie degli altri e trarre, da queste, un insegnamento o un consiglio per vivere le nostre vite. Rispecchiarci nella storia di qualcun altro ha, senza dubbio, contribuito a farci sentire accompagnati nella buia e pesante solitudine che ci fa suoi schiavi nei momenti più duri, quelli in cui la rabbia verso di noi, verso il mondo e persino verso Dio diventa talmente forte ed opprimente da farci credere che è la fine di una strada che, in realtà, abbiamo appena imboccato. Hanno cercato di spiegarci che la vita non sempre va come vogliamo noi e che spesso può essere crudele, ma questo non è un buon motivo per tirarsi indietro, per prendere vie traverse. O ancora, ci hanno parlato dell’amore e di quante scelte strane e difficili implichi, di come travolga la vita di qualcuno senza preavviso e di quanto possa fare male a volte, e spesso a lungo. Infine, siamo rimasti colpiti da un tipo di amore diverso, che sottovalutiamo nonostante ci accompagni tutti i giorni e costantemente: l’amore che i nostri genitori provano per noi.
Insomma, grazie alle numerose testimonianze di questa settimana abbiamo risposto a molte delle nostre domande e abbiamo appurato che non siamo soli, né nella gioia né nella sofferenza, che c’è stato qualcuno che ha sofferto prima di noi, per noi e tutt’ora soffre con noi: Gesù. Per un’intera settimana tutti, nessuno escluso, abbiamo portato nel cuore un frammento del Vangelo al giorno e ne abbiamo tratto delle riflessioni personali e private che però ci hanno aiutato a relazionarci tra noi.
Relazionarsi è come trovare una casa nelle persone che dimostrano di volerci bene, anche le più improbabili. Madre Teresa di Calcutta disse:
“La prima necessità? Parlare con gli altri.
La cosa che fa più felici? Essere di aiuto agli altri.”
C'è un prezzo per i sorrisi e la gratitudine? Trovare un modo per vivere con e per gli altri è sinonimo di avere una grande gioia nel cuore. È questo ciò che abbiamo sperimentato in questi fantastici giorni di convivenza.
Rachele Greco e Serena Lambertucci